Blanco, Blu celeste: la recensione dell’album di debutto del cantante che ha vinto Sanremo nel 2022 con Mahmood.
La parabola di Blanco parte dal 2019, anno dell’incontro, per lui fondamentale, con Michelangelo, produttore, musicista, amico. Al di là di ogni vicenda collaterale, della carriera da calciatore abbandonata per la musica, al di là di ogni altro elemento della sua vita, tutto parte da quell’incontro. Una svolta vera. L’acme, almeno per ora, arriva nel 2021, anno dell’uscita di Blu celeste. Un disco che ha segnato la sua fortuna, forse ancor più della vittoria a Sanremo 2022, che pure gli ha aperto le porte del grande pubblico generalista. Per i numeri, arrivati all’improvviso, ma soprattutto per un successo frutto di uno studio eccellente e di una varietà d’ingredienti che lo ha reso fin da subito l’artista rivelazione dell’anno in Italia.
Blanco, Blu celeste: la recensione
Ha sollevato entusiasmi tra gran parte della critica, ha fatto letteralmente impazzire schiere di fan, accresciutesi giorno dopo giorno, grazie alla viralità dei suoi pezzi, ma anche a quel passaparola che già aveva fatto le fortune pochi mesi prima di artisti come Madame. E in effetti è proprio alla rapper vicentina che Blanco può essere maggiormente accostato.
Se la profondità e la maturità lirica di Francesca è ancora molto distante dal cantautore bresciano, l’energia è la stessa, o forse anche maggiore. Quello che dà forza anche al suo album e alle sue canzoni è però la travolgente emotività. Un impatto che arriva dritto sullo stomaco e rende irresistibile, specialmente per le fasce di ascoltatori più giovani, la musica di Blanchito bebe.
Ma si può parlare di capolavoro recensendo Blu celeste? La risposta è un no, nella maniera più assoluta. Perché il debutto di Blanco e di Michelangelo (produttore onnipresente, con eccezione di una traccia) è un album che ha tutti gli ingredienti per raggiungere il successo, ma che non punta sulla qualità, quanto sul ritmo, sui suoni, sulla ferocia. 33 minuti per 12 canzoni, con un’alternanza equilibrata tra ballad e pezzi tirati, con elementi trap che vanno oltre la trap, accenni rock e soprattutto una netta influenza punk, specialmente in pezzi come Notti in bianco, Paraocchi e Pornografia.
Senza concedersi featuring acchiappa-stream, Blanco punta tutto sulla sua voce, che è il grido potente di un ragazzo di diciotto anni, sincero, frenetico. Un emblema della voglia di urlare di quella generazione Z non a caso rappresentata in tutto il mondo da artisti che hanno una vena malinconica evidente, oltre a un’energia pronta a esplodere da un momento all’altro (basti pensare a Billie Eilish).
Struggente fin quasi a lambire il patetico, il giovane cantautore raggiunge il suo apice in canzoni come Lucciole, spingendosi sempre al limite, tra acrobazie vocali molto ardite, in alcuni casi, ma sempre incisive. Elementi che rendono quest’opera prima decisamente superiore alla media degli artisti della sua età e che sembrano trasformarsi in una promessa: un nuovo fenomeno musicale è nato. Starà a lui cercare di mantenere la parola data.
Blu celeste: la tracklist
1 – Mezz’ora di sole
2 – Notti in bianco
3 – Figli di puttana
4 – Blu celeste
5 – Sai cosa c’è
6 – Paraocchi
7 – Lucciole
8 – Finché non mi seppelliscono
9 – Pornografia
10 – David
11 – Ladro di fiori
12 – Afrodite
Voto: 6.5
Di seguito il visual video di Lucciole: